Christian Prudhomme e il sogno del Tour de France

Intervista

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Christian Prudhomme
© A.S.O. Fabien Boukla - Christian Prudhomme

Tempo di lettura: 0 minPubblicato il 28 maggio 2024

Christian Pruhomme ha sempre sognato di occuparsi del Tour de France, una sua passione fin da ragazzo. Lo ha seguito e ne ha scritto per anni come giornalista, ma non avrebbe mai pensato di diventarne il Direttore Generale.

Un sogno diventato realtà, come un secondo sogno: un Grand Départ del Tour dall’Italia.

France.fr: Direttore Prudhomme, il Tour de France 2024 per la prima volta parte dall'Italia e lei ha dichiarato. “È un sogno partire dall'Italia, terra di campioni che hanno fatto la leggenda del ciclismo”. Come è stato possibile realizzarlo?

CP: C’era già stata una candidatura di Firenze nel 2014, ma in quello stesso anno si era candidata anche la Gran Bretagna, con la regione dello Yorkshire: il Tour de France del 2012 era stato vinto da un inglese, Bradley Wiggins. E proprio lui aveva dato ufficialmente inizio ai Giochi Olimpici di Londra 2012, alla presenza della Regina Elisabetta e di Daniel Craig, il James Bond del cinema (tutti ricordiamo il lancio dall’elicottero con la sovrana, naturalmente una controfigura). Non c’erano alternative: quell’anno il Tour doveva partire dalla Gran Bretagna. Poi c’è stata la pandemia, e il Grand Départ dall’Italia continuava ad essere rimandato. Finché nel 2020, proprio pochi giorni dopo il primo lockdown, il sindaco di Firenze Dario Nardella mi mandò un video di Firenze "bellissima e deserta" ricordandomi quella promessa. Che oggi diventa realtà e ne sono particolarmente fiero.

Negresco, Nizza
© A.S.O. Alex Broadway - Negresco, Nizza

France.fr: Quali sono i legami che uniscono i nostri due paesi nel segno del ciclismo?

CP: L’Italia è il grande paese del ciclismo, terra di grandi campioni. Non a caso insieme alla candidatura di Firenze abbiamo avuto anche quella del Piemonte, la regione di Fausto Coppi, e tutto si legava naturalmente alla Francia, con la salita verso i colli delle Alpi. Era l’Italia dunque il paese da cui far iniziare finalmente il Tour 2024. Firenze e la Toscana, l’Emilia Romagna, il Piemonte e le colline del vino e dei tartufi, Torino, e poi la Francia: un legame ideale, sportivo, di natura e di cultura fra i nostri due Paesi 
che quest’anno si concretizza con il primo Grand Départ dall’Italia.


France.fr: È l’inizio di una collaborazione duratura?

CP: I nostri due Paesi hanno tanto in comune: radici comuni, la storia, la cultura, l’arte, il paesaggio, la gastronomia - e lasciatemelo dire, sono Cavaliere del Tartufo Bianco di Alba! - per non parlare dei vini... E il percorso in Italia del Tour segue le tracce di grandi ciclisti: passa sulle strade di Bartali, di Coppi che nel 1952 ha conquistato i colli più alti  delle Alpi durante il Tour, di Gastone Nencini che vinse il Tour de France nel 1960 e strinse la mano del presidente De Gaulle (quest’anno il Tour passa proprio a Colombey-les-Deux-Eglises dove il generale è sepolto), di Pantani. Pantani è ancora un grande mito in Italia, ricordo l’emozione al suo funerale a cui ho partecipato…

Saint-Dié-Des-Vosges/Colmar
© A.S.O Pauline Ballet - Saint-Dié-Des-Vosges/Colmar

France.fr: Una collaborazione anche nel segno del turismo…

CP: Il turismo e il Tour de France sono profondamente legati: dopo la pandemia il primo ministro che mi ha contattato è stato il ministro del turismo Jean-Baptiste Lemoyne. Come in tutte le grandi gare ciclistiche, le riprese dall’alto, con gli elicotteri e i droni, regalano immagini straordinarie che invogliano alla scoperta dei luoghi per cui passa la corsa. Quest’anno saranno le bellezze di Firenze, città magica, 
di Bologna, di Torino, delle Alpi, il cuore della Francia, i Pirenei e poi il mare per finire in la Costa Azzurra, a Nizza… Una grande opportunità per il turismo!

France.fr: Il ciclismo, è la sua scelta di vita e la sua passione personale. Ci racconta come è nata? E quali sono i campioni che ha ammirato e ammira di più?

CP: Una passione cominciata da bambino, con mio padre, mia madre, mio fratello. Era il 1968, avevo 7 anni. Seguivamo il Tour soprattutto alla radio, all’arrivo di una tappa andavamo a vedere, tutto quel mondo di giornalisti era entusiasmante… E c’erano i grandi campioni, Eddy Merckx, Felice Gimondi… Poi finita la tappa, il giorno dopo, io e mio fratello prendevamo la bici per rifare il percorso dei corridori, era una vera emozione. 

France.fr: Lei ha cominciato come giornalista giovanissimo, è diventato professionista e dal 2007 Direttore Generale del Tour de France. La sua formazione quanto e come ha contato e conta nel suo ruolo?

CP: Se sono diventato giornalista lo devo al Tour, a quei ricordi d’infanzia, ai primi lavori a 18 anni. È stata sempre la mia passione e certo la mia esperienza ha contato per la mia nomina a direttore, un ruolo che non avrei mai immaginato di raggiungere e oggi mi riempie di orgoglio.

Saint-Gervais Mont-Blanc / Courchevel
© A.S.O. Charly Lopez - Saint-Gervais Mont-Blanc / Courchevel

France.fr: Oggi il ciclismo sta ritrovando una stagione di gloria: aumentano sempre di più gli appassionati delle due ruote e si diffonde il turismo di scoperta in bicicletta. Lei come vede il rapporto fra sport e crescita di un nuovo turismo attivo e sostenibile?

CP: Il Tour è una locomotiva per lo sviluppo del cicloturismo e per diffondere la passione per la bicicletta. Possiamo dire che sia il legame tra l’uso quotidiano della bicicletta e quello dei campioni. Il paradosso di oggi è che sono soprattutto i bambini a non andare più in bicicletta. Noi, negli anni ’60, ci spostavamo tanto in biciletta, andavamo a scuola, a trovare gli amici… Oggi ci sono molti bambini che non sanno andare in bici. Per questo, in Francia esiste il programma Savoir Rouler à Vélo, per insegnare ai piccoli della scuola dell’obbligo ad andare in bici, essere autonomi, fare attività fisica e imparare a spostarsi in modo ecologico ed economico. Un progetto a cui partecipiamo anche noi, naturalmente. Un progetto 
importante anche per costruire un futuro di turismo green, sostenibile e slow lungo i tanti itinerari ciclabili della Francia.

France.fr: Bicicletta anche al femminile?

CP: Noi proponiamo il Tour de France femminile, ed è sempre maggiore il numero delle partecipanti. E ci sono sempre tifose che seguono il ciclismo: ai bordi delle strada durante il Tour la maggioranza del pubblico è costituita da donne. Il senso di libertà che dà la bicicletta è unico e universale.

France.fr: Un Tour davvero inclusivo, per chi chi corre e per chi assiste e fa il tifo

CP: Sì, assolutamente. Qui nel mio studio c’è una foto di Raymond Poulidor, forse il corridore più famoso di Francia, l’eterno secondo. Ma metteva d’accordo tutti. Ricordo mia mamma e mia nonna, sua suocera, insieme sul divano a guardarlo correre: e andavano perfettamente d’accordo, unite dalla stessa passione. Il Tour ha questo straordinario potere: unisce e lega tutti, sportivi e spettatori.
 

Per Rosalba Graglia

Giornalista. Torinese di nascita, francese di adozione. Scrive di viaggi e di food da molti anni. Collabora con magazine di viaggio come Bell’Europa, Bell’Italia, In Viaggio, Gambero Rosso e quotidiani come La Stampa. Ha scritto diverse guide turistiche e libri sulla Francia. Nel 2019 le è stata assegnata la Medaglia d'oro del Turismo Francese. Il suo regista preferito? Sicuramente Truffaut.