C’è un filo invisibile che lega il Giubileo della Misericordia, celebrato in tutto il mondo nel 2015, all’esempio di due religiosi d’Oltralpe. Si tratta del parroco Giovanni Maria Vianney di Ars e suor Maria Margherita Alacoque di Paray Le Monial, assurti alla gloria degli altari proprio per la scelta di affidarsi completamente a Dio e vivere fino in fondo le loro vocazioni. A ispirare le loro vite straordinarie è stata la devozione per il Sacro Cuore di Gesù che, come l’ha definito Papa Francesco, non è un simbolo immaginario ma un elemento reale “che rappresenta il centro, la fonte da cui è sgorgata la salvezza per l’umanità intera”.
Il Sacro Cuore di Gesù e Santa Maria Margherita Alacoque
Lo sapeva bene suor Maria Margherita Alacoque che dal 27 dicembre 1673 sino alla sua morte, 17 anni dopo, ebbe un dialogo costante con Gesù che le apparve nel monastero della Visitazione di Paray-le-Monial nel cuore della Borgogna romanica. A lei che si era consacrata fin dall’età di cinque anni Gesù decise di mostrare il suo Sacro Cuore, sovrastato dalla croce e ferito dalla lancia, avvolto dalla corona di spine e circondato dalle fiamme di quell’ardore di misericordia che Cristo prova per tutti i peccatori. Inizialmente le consorelle furono scettiche e malgiudicarono le sue visioni, chi invece non dubitò mai di lei fu il suo direttore spirituale, il gesuita Claude de La Colombière all’epoca Superiore al monastero di Paray le Monial, che le chiese di mettere per iscritto le sue apparizioni poi divenute testimonianze fondamentali della sua biografia. La rivelazione a Santa Margherita Maria Alacoque si completa con quella che lei stessa definì la “Grande Promessa” di salvezza, riservata a chi si fosse comunicato in stato di grazia ogni primo venerdì del mese per i nove successivi. In suo onore Paray le Monial è diventata per tutti la città del Sacro Cuore, meta di pellegrinaggio da tutto il mondo. A loro si unì nel 1986 anche Giovanni Paolo II che visitò la Basilica del Sacro Cuore eretta intorno all’anno mille da un abate clauniacense, la Cappella del Monastero della Visitazione dove sono avvenute le apparizioni, la Cappella Saint Jean in cui i volontari si alternano nell’adorazione perpetua al Santissimo Sacramento e infine la Cappella dove riposano le spoglie di Santa Margherita Maria Alacoque. Giovanni Paolo II rimase talmente legato a Paray-le-Monial e al culto del Sacro Cuore da decidere, pochi anni più tardi nel 1992, di proclamare santo anche Claude de La Colombiére, le cui spoglie riposano in una cappella a lui dedicata, a un centinaio di metri dal luogo delle apparizioni. L’ultima tappa della tua visita a Paray le Monial non potrà essere che al Museo Hieron, considerato tra i più antichi al mondo dedicati all’arte sacra. Al suo interno sono custodite centinaia di opere d’arte, dipinti e sculture ispirati al tema dell’Eucarestia, dal Concilio di Trento fino alle opere di autori contemporanei come Jean Georges Cornélius e Alfred Manessier.
Il Curato d’Ars esempio per i sacerdoti di tutto il mondo
L’altro straordinario testimone della misericordia di Dio è Giovanni Maria Vianney, sacerdote e confessore, vissuto in Francia nella prima metà dell’Ottocento e proclamato “patrono dei parroci” d’Oltralpe nel 1929, quattro anni dopo la sua canonizzazione avvenuta per merito di Pio XI, per diventare nel 2009 grazie a Benedetto XVI l’esempio per i sacerdoti del mondo intero. Una santità conquistata attraverso la fatica della testimonianza quotidiana quella del curato di Ars sur Formans, un piccolo borgo di 230 anime a una trentina di chilometri da Lione dove agli inizi dell’800 la vita era così dura che l’alcool era l’unica evasione alla fatica del lavoro dei campi. E’ qui che ispirandosi al Sacro Cuore di Gesù quel sacerdote dal sorriso sempre aperto e dalla generosità inesauribile compì il suo miracolo, meritandosi il rispetto e l’amore dei suoi parrocchiani che andava a trovare nei luoghi di lavoro e poi attendeva in chiesa, nel confessionale dove rimaneva per ore e ore a dialogare con le loro anime, spesso a costo di rinunciare ai pasti e al sonno. “A chi si confessa dò una piccola penitenza e io faccio il resto al posto loro”, amava dire, finché la sua fama non raggiunse i confini della regione. Nel 1840 c’era un servizio quotidiano di carrozze fra Ars e Lione e poi sulla linea Parigi-Lione per soddisfare le richieste dei pellegrini, anche 100 mila l’anno, che arrivavano da tutta la Francia per chiedergli di rimettere i loro peccati. Il curato di Ars non ha mai chiuso la porta della sua chiesa a nessuno e arrivò a confessare ininterrottamente anche per 17 ore al giorno finché, alle 2 del mattino del 4 agosto 1859 morì sfinito dopo aver dato l’ultima assoluzione.
La piccola chiesa trasformata nella basilica del perdono
Già tre anni dopo la piccola chiesa venne ampliata e si trasformò in una basilica dove ancor oggi è conservato il pulpito di legno dove il santo sacerdote predicava ai suoi fedeli. All'interno della Basilica si trova il sepolcro con il corpo intatto di Giovanni Maria Vianney, con la famosa statua che gli dedicò Émilien Cabuchet. Nella canonica sono conservate alcune reliquie e l’orologio che scandiva le sue giornate, con la sveglia all’1 di notte e riposo a partire dalle 22. Poco distante c’è la scuola che lui trasformò in orfanatrofio e oggi è divenuto una casa di accoglienza dei pellegrini. Al suo interno si può visitare la Cappella della Santa Famiglia. Non distante dalla Basilica troviamo la Cappella del Cuore, così chiamata perché ospita un reliquiario che contiene il cuore del Santo Curato d'Ars. Nella periferia di Ars si può ammirare il gruppo scultoreo dell'Incontro, realizzato nel 1938 dall'artista Louis Castex che rappresenta il momento dell'arrivo del curato ad Ars, mentre discute con un bambino del luogo, il pastorello Antoine Givre, al quale chiese dove si trovasse la nuova parrocchia. “Amico mio – gli rispose il curato – tu mi hai indicato la strada per Ars, io ti insegnerò la strada del cielo”. Un invito ancor oggi valido per ognuno di noi.
Per France.fr